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mercoledì 30 settembre 2020

I TAMPONI COVID-19 PRODUCONO FINO AL 95% DI FALSI POSITIVI : CONFERMATO DALL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ

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Dopo aver dimostrato come le stesse autorità sanitarie Europee e Americane affermino che il virus non è mai stato isolato, come in un uno-due pugilistico, vedremo ora come le stesse autorità sanitarie, in primis il nostro Istituto Superiore di Sanità, ammettono che i tamponi Covid-19 sono del tutto inaffidabili. 


Da una nota Facebook del dott Stefano Scoglio

Ho già scritto alcuni post e articoli su come i tamponi e i test sierologici per il Covid-19 siano inaffidabili, di fatto senza alcun significato perché senza nessun vero legame con un presunto virus SARS-Cov2, che non è mai stato isolato.

Abbiamo anche visto come tale inaffidabilità sia stata addirittura certificata dalla Commissione Europea e dall’Istituto Superiore di Sanità, che nell’Aprile-Maggio scorso hanno pubblicato documenti dove affermavano che in Europa circolavano 78 tamponi diversi, di cui nessuno validato da organismi indipendenti, nessuno valutato o autorizzato preventivamente, e addirittura la stragrande maggioranza dei quali non dichiarava neppure quali sequenze geniche utilizzasse, e quindi potenzialmente contenenti qualsiasi cosa. A questo punto ho voluto approfondire la cosa, e ho scoperto ulteriori elementi, sia scientifici che legali.

La situazione normativo-regolatoria

Innanzitutto, va detto che i tamponi rientrano nella nuova normativa REGOLAMENTO (UE) 2017/746 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 5 aprile 2017 relativo ai dispositivi medico-diagnostici in vitro e che abroga la direttiva 98/79/CE.

Nella normativa precedente abrogata, in generale bastava l’apposizione del marchio CE, che è un marchio relativo soprattutto alla sicurezza; e solo per alcuni dispositivi diagnostici in vitro elencati nell’Allegato II, e aventi a che fare con i virus già conosciuti (HIV 1 e 2, HTLV I e II e dell'epatite B, C e D), si richiede la valutazione tecnica e di efficacia da parte di un Organismo Notificato, ovvero un organismo di validazione riconosciuto dalla EU. Ora, sappiamo dal Documento della Commissione Europea del 16 Aprile scorso che nessuno dei 78 modelli di test tampone in circolazione a quella data sono stati valutati o sottoposti a qualsiasi organismo di valutazione riconosciuto, e che addirittura ciò non sarebbe stato neppure possibile dato che quasi nessuno di quei 78 tamponi mette a disposizione una adeguata scheda tecnica, inclusa la specifica delle sequenze geniche utilizzate. Come è possibile? In fondo, il SARS Cov2 dovrebbe essere un virus anche più importante di quelli dell’epatite o dell’HIV, che non hanno mai portato alla chiusura dell’economia e della vita sociale di intere nazioni. E’ possibile perché il Regolamento della Direttiva 98/79 CE elenca solo i virus suddetti, ed essendo il SARS Cov 2 un nuovo virus non è incluso.

Già, ma abbiamo appena visto che tale regolamento è stato abrogato dal regolamento del 2017, che a sua volta pone requisiti ancora più stringenti di quello precedente, richiedendo valutazioni preliminari di efficacia da parte di organismi di validazione riconosciuti per tutti i dispositivi diagnostici in vitro in cui rientrano anche i tamponi Covids-19. E allora perché sono stati autorizzati in commercio test tampone privi di qualsiasi validazione o anche solo valutazione preliminare, e addirittura privi delle specifiche sulle sequenze geniche utilizzate?

Perché l’Italia ha fatto scuola, e il motto “fatta la legge trovato l’inganno” è diventato motto europeo: il Regolamento 2017/46 del 5 Aprile 2017 entrerà in vigore, per i dispositivi diagnostici in vitro, solo il 26 Maggio 2022! E con questo i tamponi Covid-19 hanno goduto dell’interregno, non essendo inclusi, in quanto relativi a un virus nuovo, nel Regolamento del ’98; e non essendo ancora sottoposti a un Regolamento del 2017 che li avrebbe messi tutti fuori legge, ma che non entrerà in vigore se non a metà del 2022!

La domanda che occorre porsi, e che non può non avere rilevanza anche giuridica, è: questi tamponi sono del tutto privi di valutazione e validazione, e sono in circolazione solo grazie al fatto che si è creato un vuoto normativo tra Regolamento del 1998, che limitava la lista dei virus solo a quelli conosciuti (ma che per analogia dovrebbe applicarsi anche ai nuovi emergenti) e Regolamento del 2017, che abroga quello del ’98 ma entra in vigore solo nel 2022; se insomma questi tamponi Covid-19 sono utilizzati solo grazie ad una anomalia legislativa, e nel 2022 sarebbero del tutto illegali; è ammissibile che a tali tamponi, in vita per puro miracolo o distorsione giuridica, si affidino le sorti di intere nazioni e dell’intera economia mondiale? Ovviamente no, non dovrebbe essere ammissibile, e se lo sarà, sarà solo perché la forma giuridica viene fatta prevalere sulla sostanza giuridica.

Veniamo però alla sostanza scientifica dei tamponi. Il primo argomento è che sono del tutto senza significato perché il virus non è mai stato isolato, e dunque non esiste nessun marker realistico che ne supporti l’azione. Questo è discorso che ho affrontato in dettaglio altrove; ma sembra che su questo punto le orecchie di chi dovrebbe intervenire tendono a restare chiuse (anche se noi continueremo a gridare la verità). Facciamo dunque finta che non sia questo il problema, che il virus sia stato isolato. Vedremo che anche da questo punto di vista, i tamponi restano del tutto inaffidabili e privi di significato.

La questione della mutazione del virus

Uno dei problemi fondamentali è la continua mutazione del virus. Come scrive lo stesso Istituto Superiore di Sanità (confermando quello che vado dicendo da sempre):

“…il virus infatti può mutare e nuove sequenze nucleotidiche depositate nelle banche dati possono rivelare se queste mutazioni possano a loro volta rendere un particolare test meno efficace o addirittura inefficace…È importante puntualizzare che per la diagnostica di questo virus emergente, con uno stato dell’arte in evoluzione, le reali prestazioni del dispositivo osservate possano differire rispetto a quelle determinate dallo studio iniziale delle prestazioni condotto dal fabbricante ai fini della marcatura CE, in uno stato dell’arte precedente.” (Gruppo di Lavoro ISS Test Diagnostici COVID-19, Dispositivi diagnostici in vitro per COVID-19. Parte 2: evoluzione del mercato e informazioni per gli stakeholder , Rapporto ISS COVID-19 n. 46/2020, 23 Maggio 2020, p. 8).

Come ho sempre sostenuto anch’io: se al GISAID, dove si raccolgono le sequenze geniche del SARS-Cov 2, ci sono oltre 100.000 sequenze diverse, e aumentano costantemente, che valore ha un tampone messo a punto nel febbraio 2020 e utilizzato nel Luglio 2020, quando il virus era certamente modificato?

Per capire ciò, basterebbe dire che la gran parte dei tamponi in circolazione sono stati strutturati (se lo sono stati) sul virus sequenziato dai Cinesi a Wuhan. Ma in Italia sono stati sia lo Spallanzani che il San Raffaele a fornire sequenziamenti genici diversi, ed entrambi, oltre a pseudo-isolare il virus con le stesse metodiche farlocche che ho descritto altrove (https://www.byoblu.com/2020/09/12/lo-studio-in-esclusiva-su-byoblu-virus-mai-isolato-una-dittatura-basata-su-tamponi-non-convalidati-stefano-scoglio-candidato-premio-nobel-per-la-medicina-nel-2018/

), hanno subito messo in chiaro che si trattava di virus modificati rispetto a quello isolato in Cina (Capobianchi M.R. et al., Molecular characterization of SARS-CoV-2 from the first case of COVID-19 in Italy, Clin Microbiol Infect, 2020 Jul;26(7):954-956.); e in uno studio organizzato da diversi centri medici italiani (Sacco, San Raffaele, etc.), quando hanno analizzato 59 campioni di liquido da pazienti Covid-19 da diversi centri del Centro e Nord Italia, hanno trovato una notevole mutazione, al punto da trovare :

A mean of 6 nucleotide substitutions per viral genome was observed, without significant differences between synonymous and non-synonymous mutations, indicating genetic drift as a major source for virus evolution.” (Lai A. et al., Molecular Tracing of SARS-CoV-2 in Italy in the First Three Months of the Epidemic, Viruses 2020, 12, 798; doi:10.3390/v12080798.)

“Una media di 6 sostituzioni nucleotidiche per ogni genoma virale, senza differenze significative tra mutazioni sinonime e non sinonime, delineando così una deriva genetica come importante fonte dell’evoluzione del virus.”

Da questo studio si evince che non solo il virus muta da continente a continente, da nazione a nazione, ma addirittura da provincia a provincia, e di fatto da persona a persona! Ci sono dunque 7 miliardi di virus diversi che solo si assomigliano? Esiste un virus talmente magico da incorporare 7 miliardi di mutazioni? E soprattutto: a cosa serve, in questo quadro, un test tampone universale, che ha solo una o al massimo 3 sequenze geniche?

Come afferma lo stesso ISS, “…queste mutazioni possano a loro volta rendere un particolare test meno efficace o addirittura inefficace”, e tuttavia nessuno, tra le autorità politiche o giuridiche, si preoccupa di verificare se i tamponi che sostengono e mantengono la pseudo-pandemia, siano o no corrispondenti alle innumerevoli mutazioni di questo super-virus!

La costante mutazione del SARS-Cov2, tale da renderlo di fatto irriconoscibile, è stata confermata anche a livello internazionale: un articolo americano, che include anche Robert Gallo tra gli autori, ha riscontrato decine di mutazioni crescenti nel tempo in parallelo con la presunta diffusione del virus dall'Asia all'Europa agli USA (Pachetti M. et al., Emerging SARS-CoV-2 mutation hot spots include a!novel RNA-dependent RNA polymerase variant, J Transl Med (2020) 18:179 https://doi.org/10.1186/s12967-020-02344-6

.); mentre un autore asiatico ha analizzato 85 diverse 6sequenze genomiche SARS-Cov2 disponibili presso GISAID, e ha trovato ben 53 diversi ceppi SARS-Cov2 provenienti da varie aree della Cina, dell'Asia, dell'Europa e degli Stati Uniti (Phan Tung, Genetic diversity and evolution of SARS-CoV-2, Infection, Genetics and Evolution, 81 (2020), 104260.).
Insomma, se il virus muta costantemente, allora il test tampone è inutile, perché va a cercare un virus sempre precedente e sempre diverso rispetto a quello attualmente in circolazione. Basterebbe questo da solo per capire che il tampone Covid-19 il test è completamente, al 100%, fallace!

Questo è davvero ciò che accade nella realtà. Il “Drosten PCR Test” e il test dell’Institute Pasteur, i due test considerati i più affidabili (sebbene nessuno dei due lo sia stato convalidato esternamente), entrambi utilizzano un test del gene E, anche se il test di Drosten lo utilizza come test preliminare, mentre l'Institut Pasteur lo utilizza come test definitivo. Secondo gli autori del Drosten test, il test E-gene è in grado di rilevare tutti i virus asiatici, essendo così al contempo molto aspecifico (tutti i ceppi viruali) e limitato ad un'area geografica (Asia). Ancora, il test Institut Pasteur, uno dei più adottati in Europa, utilizza il test E-Gene come test finale, anche se è ormai noto che il virus (o virus) SARS-Cov2 che si ritiene circolino in Europa sarebbero diversi da quelli asiatici. E poi ad aprile, l'OMS ha cambiato l'algoritmo "... raccomandando che da ora in poi un test può essere considerato positivo anche se solo il dosaggio del gene E (che probabilmente rileverà tutti i virus asiatici!) dà un risultato positivo”. Insomma, per OMS ed epigoni, tutto fa brodo pur di mantenere la tragica farsa della pandemia!

La questione dei cicli (runs) della RT-PCR

Un’altro grave problema dei tamponi, che utilizzano la metodica della RT-PCR, è che l’affidabilità di tale metodica dipende dal numero di cicli (replicazioni) che vengono usati per trovare il virus SARS-Cov2. Prof. Stephen Bustin, una delle autorità mondiali di PCR, ha scritto in un recente articolo relativamente alla identificazione della presenza di SARS-Cov 2:

…the most widely used method is quantitative fluorescence-based reverse transcription polymerase chain reaction (RT-qPCR). Despite its ubiquity, there is a significant amount of uncertainty about how this test works, potential throughput and reliability.”(Bustin S.A, Nolan T., RT-qPCR Testing of SARS-CoV-2: A Primer, Int. J. Mol. Sci. 2020, 21, 3004; doi:10.3390/ijms21083004, p. 1). 

…il metodo più utilizzato è la Reazione a catena delle polimerasi quantitativa a trascrizione inversa basata sulla fluorescenza (RT-qPCR). Nonostante la sua ubiquità, c’è un significativo livello di incertezza su come funziona questo test, sulla sua potenziale produzione e affidabilità.

Probabilmente questo è dovuto anche e soprattutto alla questione dei cicli di PCR che vengono normalmente effettuati coi tamponi. In una intervista al compianto David Crow, prezioso ricercatore canadese, Bustin afferma:

…the cycle number per se is not a good measure…most instruments, when you get above a cycle number of 35, then you start worrying about the reliability of your result…so, you want to be sure that your results are within the 20 to 30 cycles…

…il numero di cicli di per sé non è una buona misura…la maggioranza degli strumenti, quando sali oltre il numero di 35 cicli, cominci a preoccuparti sull’affidabilità dei tuoi risultati…quindi, vuoi assicurarti che i tuoi risultati siano prodotti dai 20 a un massimo di 30 cicli…”.

E dato che la maggioranza dei tamponi sale fino e oltre i 40 cicli, Crow domanda a Bustin:
“…if you get up to 40 cycles, you could get a ghost, the PCR could string bases together casually…”
“…se sali a 40 cicli, potresti produrre un fantasma, la PCR può iniziare a raccordare assieme basi nucleotidiche in modo casuale…”
E Bustin risponde: “I would be very unhappy about 40 cycles…”;(David Crow, The Infectious Myth: https://infectiousmyth.podbean.com/e/the-infectious-myth-stephen-bustin-on-challenges-with-rt-pcr/

)
“Sarei molto scontento a 40 cicli…”.
Vediamo quindi quanti cicli vengono normalmente usati nei tamponi. Forse vi ricordate della recente polemica, alimentata dal dr. Remuzzi del San Raffaele, per cui i tamponi che trovano il virus solo con un’alto numero di cicli si riferiscono a casi di bassissima viralità, considerata non infettiva:

Remuzzi riferisce che la positività nei tamponi dello studio del Mario Negri emergeva solo dopo 34-38 cicli di amplificazione. Ma più si amplifica, più il segnale si fa debole e incerto, facendo pensare a tracce di Rna virale ormai residuali e inattive. Niente infezione, insomma.”(Luca Carra, Debolmente positivi: realtà o illusione?, Internazionale, 23 Giugno 2020.). 

Questo è in accordo con ciò che sostiene il Prof. Bustin: sopra i 35 cicli, l’affidabilità del tampone crolla, e al massimo, per salvare la baracca, si può sostenere che si tratta di presenza di virus talmente debole da non essere più infettivo. La sostanza non cambia: che il virus venga creato dalla PCR come un “fantasma”, come sostengono Crow e Bustin, o che esso sia senza nessuna carica virale, perché si conti una a utilizzare questi risultati da tampone per terrorizzare la gente e prorogare vari tipi di lockdown?

E che i tamponi utilizzino normalmente sopra i 35 cicli di PCR è confermato da questa tabella che riporta una serie di diversi tamponi e la media del loro numero di cicli :

La tabella presenta un campione di 6 dei 22 tamponi analizzati da FIND (Foundation for Innovative New Diagnostics) , la più autorevole organizzazione di valutazione degli strumenti diagnostici, presa come riferimento dallo stesso Istituto Superiore di Sanità italiano (per la tabella completa vedi: https://www.finddx.org/covid-19/sarscov2-eval-molecular/).
Come si vede dalla tabella, i tamponi sono tutti sopra i 35 cicli; e si consideri che i numeri dati sono medie, il che significhi che nel 3-40% dei casi si sale anche sopra i 40 cicli! 

E la cosa è confermata anche per il test Xpert Xpress di Cepheid, che la FDA americana ha ritenuto così importante e affidabile da conferire a questo test un’autorizzazione di emergenza, saltando tutti i passaggi di verifica. Ebbene, anche questo test così importante, adotta un numero di cicli eccessivo:


La media riferita al gene E, che è comunque aspecfifico e tipico di tuti i coronavirus, è attorno ai 34-35 cicli; ma la media riferita al gene N2, che dovrebbe essere più specifico del SARS-Cov2 (vedremo che non è così neppure per questo gene), si attesa attorno a 37-38 cicli!

Questo significa che nella maggioranza dei casi i tamponi danno o risultati fantasma, o se anche “beccano” il virus, lo trovano in uno stato talmente indebolito da non costituire più nessun pericolo. Questo significa anche che dunque non c’è più nessuna motivazione per terrorizzare con lo spettro dei positivi asintomatici, perché come minimo si tratta di individui incapaci di infettare alcunché. Ma la verità, come stiamo per vedere, è che i tamponi producono risultati senza nessun significato, risultati fantasma o comunque non indicativi della presenza del SARS-Cov 2 .

La questione della cross-reattività, o mancanza di specificità.

Prendiamo i tre più importanti modelli di test-tampone, utilizzati da molti dei tamponi circolanti, quello della OMS, quello tedesco-europeo del gruppo di Drosten, e quello del CDC americano. Quello della OMS, come abbiamo già visto altrove, è talmente a rischio di aspecificità (ovvero di cogliere col tamponi virus o particelle simil-virali diverse dal SARS-Cov2) che in uno dei suoi 3 primers (le sequenze geniche con cui si va alla ricerca del virus) c’è addirittura una sequenza genica tipica del DNA umano, quella del cromosoma 8:


Qui il rischio di far venire il tampone positivo anche senza nessun virus presente è ovviamente molto alta, visto che tutti gli esseri umani possiedono quella sequenza CTCCCTTTGTTGTGTTGT come parte del loro corredo genico.

Il CDC americano utilizza invece altre sequenze geniche, relative al gene N del virus, quello del suo nucleocapside. Questa scelta di focalizzarsi sul gene N, nelle sue due versioni N1 e N2, è dovuto al fatto che il gene E “… also detects SARS-related coronaviruses” (“rileva anche altri SARS-coronavirus” : Wagginer J et al., Triplex Real-Time RT-PCR for Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2, Research Letter, Volume 26, Number 7—July 2020). Questo mostra come il tampone OMS possa, in aggiunta a legarsi al genoma umano, identificare altri coronavirus scambiandoli per il SARS-Cov 2.

Ma che garanzie ci sono che i geni N1 e N2 siano invece più specifici? Tutti i coronavirus hanno un nucleo-capside, e dunque geni del tipo N. Il CDC sostiene che il gene N2 è specifico del SARS-Cov2; ma anche su questo non c’è accordo, dato che per alcuni ricercatori non è così:

“…we found out that only one of them (RdRP_SARSr-P2) was almost specific for the new coronavirus and the other introduced probes would detect the other types of coronaviruses. In this regard, the false-positive test results may extend for COVID-19” (Kakhki RK et al, COVID-19 target: A specific target for novel coronavirus detection, Gene Reports 20 (2020) 100740.)

“…abbiamo trovato che solo uno di loro (il gene RdRP-SARSr-P2) è quasi specifico per il nuovo coronavirus, mentre le altre “sonde” (sequenze geniche) rilevano anche altri tipi di coronavirus. Sotto questo aspetto, i risultati con falsi positivi possono ampliarsi in rapporto al Covid-19.”

Ciò significa che non c’è alcuna sicurezza neppure sulla specificità del gene N2 usato dal modello della CDC, specie se si considera che appunto i geni N sono tipici di tutti i coronavirus. E si noti come gli autori, anche per il gene che ritengono specifico, lo definiscono “quasi” specifico, nel senso che anche quello non è completamente specifico!

E quando veniamo al test di Drosten, il test-tampone europeo, le cose diventano anche più evidenti. Innanzitutto, vediamo qui in modo apertamente dichiarato, che questi isolamenti e definizioni del virus sono tutte elaborazioni al computer, senza nessuna presenza fisica del virus:

The present report describes the establishment of a diagnostic workflow for detection of an emerging virus in the absence of physical sources of viral genomic nucleic acid.”(Corman V et al, Detection of 2019 novel coronavirus (2019-nCoV) by real-time RT-PCR, Euro Surveill. 2020 Jan 23; 25(3): 2000045, p.10.)

Il presente documento descrive la realizzazione di un processo diagnostico per il rilevamento di un virus emergente in assenza delle fonti fisiche degli acidi nucleici genomici virali”.
Quindi qui l’astrazione dei tamponi dall’effettivo virus è dichiarata apertamente, e appare evidente anche dalla tabella delle sequenze geniche utilizzate dal gruppo di Drosten:


Come si vede, il tampone di Drosten utilizza tutti e 3 i geni, E, N e RdRP. Ma se confrontiamo la sequenza genica del SARS-Cov 2 con quella del SARS-Cov originario (al penultimo posto nella lista), vediamo che:

il gene E del SARS-Cov 2 è identico al 100% a quello del SARS-Cov1, e probabilmente a quello di tutti i SARS coronavirus (nella penultima riga non ci sono variazioni di lettere);

Il gene N ha una sola variazione, una C invece di una T, al 15° posto della sequenza del Reverse primer. Questa è una variazione di appena 1/64esimo, ovvero di appena l’1.5%. Le possibilità di confusione e cross-reattività (rilevare un SARS virus diverso dal SARS-Cov2) è molto elevata.

Il gene RdRP è l’unico che ha 5 variazioni su 64, di nuovo non una grande differenza, anche se meglio degli altri due (e per questo gli autori sopra lo hanno definito “quasi” specifico).

Insomma, in totale abbiamo una differenza di soli 6 nucleotidi su 214, una percentuale di appena il 2.8%. E per questo anche quando autori indipendenti hanno testato l’efficienza del test Drosten hanno concluso che il test dimostrava:

“…a lot of cross-reactions with Coronavirus BtRs-BetaCoV (MK211374- MK211378), SARS coronavirus Urbani (MK062179-MK062184), Bat coronavirus (KY770858-KY770859), SARS coronavirus (AH013708-AH013709), and others”.

…elevata cross-reattività con i Coronavirus BtRs-BetaCoV (MK211374- MK211378), SARS coronavirus Urbani (MK062179-MK062184), Bat coronavirus (KY770858-KY770859), SARS coronavirus (AH013708-AH013709, e con altri.

E anche il gene RdRP, che dovrebbe essere più specifico
“…covers many coronavirus isolates, including Bat SARS-like Coronavirus (MG772904-MG772932), Rhinolophus pusillus Coronavirus (KY775091), Bat SARS-like Coronavirus (MG772903) and many others” (Kakhki RK et al, COVID-19 target: A specific target for novel coronavirus detection, Gene Reports 20 (2020) 100740.)

“…copre molti altri isolati di coronavirus, inclusi Bat SARS-like Coronavirus (MG772904-MG772932), Rhinolophus pusillus Coronavirus (KY775091), Bat SARS-like Coronavirus (MG772903), e molti altri.

Insomma, tutti i principali test-tamponi mancano di specificità, e sono affetti da un elevata cross-reattività, ovvero producono un elevata quantità di falsi positivi. Questa verità, che dovrebbe porre immediatamente fine alla follia della pseudo-pandemia spinta da questi tamponi farlocchi, è da ultimo, last but not least, apertamente confermata dallo stesso Istituto Superiore di Sanità, organismo del governo italiano.

ISS del Governo Italiano: in questa situazione epidemica, i test-tampone danno fino al 91% di falsi positivi!

Nel documento Dispositivi diagnostici in vitro per COVID-19. Parte 2: evoluzione del mercato e informazioni per gli stakeholder, del 23 Maggio 2020, l’Istituto Superiore d Sanità fa una analisi approfondita dei dispositivi test-tampone in circolazione, sottolineando la tensione esistente tra sensibilità, la capacità di rilevare quanto più RNA virale possibile, e la specificità, ovvero la necessità che tale RNA virale si riferisca solo al virus che si sta cercando, in questo caso il SARS-Cov2.

Un test molto sensibile nel rilevare il bersaglio di interesse ha maggiori probabilità di rilevare anche bersagli correlati ma distinti che non sono di interesse, vale a dire che può essere meno specifico.”(Gruppo di Lavoro ISS Test Diagnostici COVID-19, Dispositivi diagnostici in vitro per COVID-19. Parte 2: evoluzione del mercato e informazioni per gli stakeholder , Rapporto ISS COVID-19 n. 46/2020, 23 Maggio 2020, p. 6).

L’ISS spiega poi che tale tensione è modulata da un altro fattore, ovvero quello di “prevalenza”. In ambito epidemiologico, la prevalenza descrive la percentuale di popolazione affetta da una certa patologia. Nel caso di una patologia presuntivamente virale come il Covid-19, la prevalenza indica quanti malati attuali di Covid-19 ci sono sul totale della popolazione.

Perché questo dato è importante in rapporto alla affidabilità dei test-tampone? Perché maggiore è la percentuale di popolazione affetta, maggior è la circolazione del virus, e quindi maggiore è la probabilità che il test-tampone rilevi effettivamente quel virus anziché altri, riducendo così il gap tra sensibilità e specificità.

L’ISS riprende una tabella che considera l’effetto della prevalenza sull’efficacia dei tamponi. La tabella è stata pubblicata da FIND, autorevole organizzazione internazionale già vista sopra; e così, il dato che emerge dalla tabella FIND, accettato e riproposto dal’ISS, ha valore non solo per l’Italia, ma per tutto il mondo.
Scrive l’ISS a introduzione della Tabella:

Nella tabella che segue, tratta dal documento Rapid diagnostic tests for COVID-19 (FIND, Rapid Diagnostic Tests for Covid-19: https://www.finddx.org/wp-content/uploads/2020/05/FIND_COVID-19_RDTs_18.05.2020.pdf), viene mostrato con un esempio numerico come la capacità di identificare correttamente i positivi (colonna PPV) sia correlata sia alla sensibilità e specificità del test, sia alla prevalenza del marcatore nella popolazione target, esemplificata da quattro coorti di 1.000 individui con quattro diversi valori di prevalenza: 2%, 5%, 10% e 30%. 

Quindi, la capacità del test di rilevare correttamente la presenza del virus dipende da 3 fattori, tutti considerato nella tabella, ovvero sensibilità e specificità, ma alla luce della prevalenza; e la Tabella prende in considerazione 4 livelli di prevalenza: 2%, 5%, 10% e 30%. Prima di vedere la Tabella, vediamo a quale dei quattro gruppi appartiene la situazione Italiana (e di riflesso anche quella degli altri paesi, in cui il livello di prevalenza non si discosta molto da quello italiano). Quello che segue è la situazione Covid-19 in Italia al 25 Settembre 2020:


Il numero da considerare è quello degli attuali positivi, ovvero 47,718, che rappresenta appena lo 0.079% della popolazione italiana, assai distante persino dal livello più basso del 2%. Anche se volessimo esagerare, e prendere in considerazione il totale dei casi che ci sono stati dall’inizio a oggi, avremmo che il numero di 306,235 è pari allo 0.5% della popolazione italiana. Utilizzare questo secondo numero è statisticamente del tutto errato, ma l’ho fatto per sottolineare come neppure prendendo tutti i casi Covid-19 ufficiali (cioè CON Covid e non PER Covid) emersi dall’inizio della pseudo-pandemia ad oggi, si arriverebbe neppure lontanamente al 2% della popolazione. 
Vediamo finalmente la Tabella:


Il numero decisivo è il PPV, ovvero la capacità del test di rilevare effettivamente il virus. I numeri che ci interessano sono quelli legati al livello del 2%, che nel caso dell’Italia è in realtà molto più basso, assestandosi attorno allo 0.1%. Questo significa che i numeri di questa Tabella sono addirittura ottimisti, anche al livello del 2%, e più avanti faremo anche la proiezione della Tabella sul livello dello 0.1%.

Intanto, qui vengono considerati 3 modelli di tampone: quelli ad alta performance, a media performance, e a bassa performance. Al livello di prevalenza del 2%, questi sono i livelli di veri e falsi positivi dati dai tamponi:

Livello Veri positivi Falsi positivi
2% Alta performance 49.2% 50.8%
2% Media performance 14.8% 85.2%
2% Bassa performance 9.3% 90.7%

Quindi, nella migliore delle ipotesi, i tamponi danno il 50% di falsi positivi, e nella peggiore delle ipotesi danno quasi il 91% di falsi positivi! Mediamente, possiamo dire che i tamponi danno l’85,2% di falsi positivi!
In tutti i casi, l’Istituto Superiore di Sanità certifica che i tamponi sono del tutto inaffidabili! Ci sarà qualche politico che avrà voglia di ascoltare questa verità ufficiale, che più ufficiale non si può?

Qual’è il numero più probabile tra il 50% e il 91% di falsi positivi? Avendo visto in precedenza la inaffidabilità delle sequenze geniche dei principali tamponi, e soprattutto il fatto che tutti utilizzano più di 35 cicli di PCR, e dunque che i tamponi non possono che essere a bassa performance, il numero più realistico è il 91% di falsi positivi! Ma se anche fossero una via di mezzo, ad esempio il risultato della “media performance” dell’85%, le cose non cambierebbero. I tamponi sono del tutto inaffidabili, lo afferma lo stesso Istituto Superiore di Sanità e un’organizzazione autorevole internazionalmente come FIND: cosa si aspetta a far cessare la tragica farsa dei tamponi e dei positivi asintomatici?

E qui veniamo all’ultima considerazione, anche se non sarebbe neppure necessaria. I numeri che abbiamo visto si riferiscono al livello di prevalenza del 2%; ma in Italia oggi il livello è dello 0.1%. Un adeguato aggiustamento statistico richiederebbe un lavoro ad hoc. Ma se consideriamo che nel passaggio dal 30% di prevalenza al 2% (riduzione di 15 volte) i valori si riducono dal 95% al 49.3%, ovvero di circa la metà (50%); possiamo ragionevolmente valutare che passando dal 2% allo 0.1% (riduzione di 20 volte), i valori subiscano come minimo lo stesso dimezzamento. Questo significa che il range dei falsi positivi passa dal 50.3 al 75% nella migliore delle ipotesi; e dal 90.7 al 95% circa nella peggiore delle ipotesi.

Una ragione ancora più convincente per gridare con forza: BASTA CON LA TRUFFA DI QUESTA FALSA PANDEMIA, che genera una prevalenza di appena lo 0,1% (mentre i modelli parlano di prevalenze fino al 30%!); e che si regge su tamponi che, secondo l’autorevole opinione di FIND ripresa dallo ISS italiano, producono fino al 95% di falsi positivi!

Il candidato Premio Nobel: "VIRUS MAI ISOLATO: dittatura basata su tamponi fake" - Stefano Scoglio.


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mercoledì 8 aprile 2020

LA NATURA RIDICOLIZZA LA "TEORIA BATTERICA" (FONDAMENTO DELLA MEDICINA) DIMOSTRANDO CHE LO "STATO D'ASSEDIO" PROCLAMATO RIESCE SOLTANTO A DEBELLARE LA NOSTRA LIBERTÀ

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La cosiddetta “Teoria batterica” (ufficialmente conosciuta come “Teoria dei germi della malattia”, e chiamata anche “Teoria dei germi” o “Teoria microbica”) è una teoria scientifica elaborata dal chimico e microbiologo francese Louis Pasteur (1822 – 1895) secondo la quale la malattia infettiva sarebbe causata da tipi di batteri immutabili capaci di invadere il corpo da una sorgente esterna. 

Più in generale, a seguito del lavoro del microbiologo tedesco Robert Koch (1843 – 1910) – che nel 1880 completò quello di Pasteur –, e successivamente anche alla scoperta dei virus (1890), la Teoria batterica sostiene che microorganismi tanto piccoli da potersi vedere solo al microscopio, e definiti “agenti patogeni” (batteri, virus, protisti, prioni, eccetera), invaderebbero dall’esterno gli esseri umani, gli animali, le piante e altri host viventi causando la malattia (definita infettiva).
Questa teoria, in quanto teoria, non assurge a verità conclamata. Per quanto sia oggi considerata “la teoria scientifica della malattia”, e cioè la spiegazione ufficiale data dalla Medicina all’insorgere della malattia (e costituisca anche la base ideologica della pratica vaccinale), essa resta una “teoria”, e cioè un’opinione, un parere, una congettura, una credenza, esattamente come quella che la Chiesa Cattolica difese nel Seicento contro Galileo Galilei, ritenendo che fosse il sole a girare attorno alla terra (cosmologia geocentrica tolemaica). D’altra parte, se può essere facile credere alla teoria geocentrica di Tolomeo (in effetti, quello che vediamo ogni giorno è un sole che sorge, si muove nel cielo e poi tramonta), l’idea che in Natura esistano degli animaletti terrificanti che vogliono la morte fine a se stessa di persone, animali, piante e altri esseri viventi, non è solo un’idea opinabile, ma anche assurda, e soprattutto insensata da un punto di vista biologico: come può un essere vivente volere la morte di qualcun altro solo per ucciderlo? I virus attaccherebbero gli altri esseri viventi solo per ammazzarli, per poi morire anche essi stessi con loro: un’assurdità biologica! Neanche i parassiti, che sono esseri viventi che si attaccano ad altri esseri viventi per nutrirsi e vivere (a volte con effetti molto pericolosi per l’alloggiatore), lo fanno con la finalità precisa di uccidere qualcuno.
Anche se la Medicina non è disposta ad ammetterlo, e i suoi promoter ben inseriti nei ranghi del sistema sanitario sono i primi ad essere stati indottrinati a credere che essa proclami verità e non opinioni opinabili, la Teoria batterica resta una teoria opinabile: una teoria che, oltre ad essere appunto un controsenso biologico, è anche un paradigma ben orientato ideologicamente.
Infatti, se ci si pensa bene, quello che la Teoria batterica prospetta è uno scenario semplicemente apocalittico: vivremmo cioè tutti in un mondo naturalmente folle, ossia nelle mani di una Natura malvagia incline a desiderare la nostra malattia e la nostra morte (oltre a quelle di ogni altro essere che abiti il Pianeta). Tale condizione antibiologica, non solo ci condannerebbe alla paura perenne verso la vita, ma – guarda caso – anche alla dipendenza perpetua dai rimedi prodotti dall’Industria Farmaceutica. Quest’ultima, per conto suo, cosa avrebbe potuto desiderare di meglio dell’esistenza di malattie provocate da animaletti maligni non visibili ad occhio nudo e capaci di essere uccisi solo dai veleni chimici da essa prodotti?
È solo grazie a questi “attributi ideologici” che la Teoria batterica si è affermata, non perché essa sia vera: il fantomatico germe maligno scoperto nell’Ottocento dalla scienza positiva, e che vive solo per attaccare altri esseri viventi, annientarne le difese, moltiplicarsi indiscriminatamente nei suoi tessuti fino a distruggerne l’organismo e provocare la morte dell’essere infettato, è stata un’invenzione utilizzata a mo’ di capro espiatorio per servire gli interessi e il potere della nascente Industria Farmaceutica. Tanto è vero che la Teoria batterica venne ufficialmente adottata proprio dal complesso medico industriale all’inizio del Novecento, e fu difesa e propagata da questo Cartello che si organizzò attorno all’Associazione Medica Americana (AMA) e palesemente costituito da interessi legati al commercio di farmaci.
Quello che non si sa, e che la Storia della Medicina ha cercato di seppellire, è che proprio negli anni in cui la Teoria batterica cercava di prendere il sopravvento per poi autoproclamarsi “verità rivelata”, uno stuolo di medici/fisiologi/chimici/biologi si oppose a questa stupidaggine: a cominciare dal dott. Claude Barnard, dal dott. Antoine Béchamp e da tutto il movimento dell’Igienismo Naturale: Isaac Jennings, Sylvester Graham, John H. Tilden, Max von Pettenkofer, Thomas Powell, Arnold Ehret, Herbert Shelton (solo per citare i nomi più famosi). Questi studiosi, non invischiati con gli interessi dell’Industria Farmaceutica, spiegarono che il problema della malattia infettiva non è il batterio (che pure esiste, indubbiamente), ma il terreno biochimico ove esso si trova: se il terreno biochimico è sano (perché l’essere umano mangia cibi adatti alla sua fisiologia e vive in condizioni naturali) i batteri fanno solo il compito che sono chiamati a svolgere: e cioè tener pulito il sistema. Se invece il terreno biochimico è indebolito, debilitato, snervato dall’assunzione di farmaci, da una vita sedentaria, stressata, incazzata, preoccupata, terrorizzata e da un’alimentazione inadatta, dalla mancanza di sole, movimento fisico, aria pura, sorrisi, amore, complicità, gioia, Comunità, ecco che tutto il sistema vitale perde il suo equilibrio, s’intasa e compare quella che chiamiamo malattia. Dunque la presenza di germi patogeni non è mai la causa del processo morboso ma, semmai, il risultato dello stesso.
I batteri, del resto, che a differenza dei virus sono esseri viventi, sono microorganismi necrofagi: si occupano cioè di mangiare le cellule morte che si trovano nei luoghi dell’infiammazione (ogni occlusione metabolica provoca infiammazione, e cioè uno stato di necrosi cellulare che degenera in infezione e poi – se non ne viene fermata la causa originatrice – può giungere fino a neoplasia). I macchinari e i microscopi tecnologici dei microbiologi, osservando la zona infetta e vedendola piena di germi patogeni imputano a questi ultimi la responsabilità dell’infezione, ma è un’accusa senza prove: un’accusa identica a quella che un qualsiasi semplicione potrebbe muovere allorché, durante un incendio, vedendo la presenza di centinaia di pompieri venuti in soccorso per spegnere il rogo, attribuisse ai vigili del fuoco la responsabilità dell’incendio stesso.
Non solo la Medicina sbaglia e la Scienza sbaglia, ma le loro teorie, che restano appunto delle convinzioni opinabili (per quanto accettate da tutti), sono spesso il frutto di un abbaglio. Vengono affermate e imposte alla gente solo perché la Medicina è una Istituzione di potere, la quale, come ogni altra Istituzione di potere, non è mai neutrale, ma difende interessi (economici, politici, di supremazia culturale) e ha obiettivi (di potere economico, politico, di supremazia culturale) diversi da quelli che ufficialmente proclama e dietro ai quali si nasconde. Essa, cioè, non si preoccupa di accudire premurosamente le persone, ma di governarle. Lungi dall’essere “aperta” al confronto e al dibattito sulle sue teorie, la Medicina le impone con la forza autoritaria della legge (vedi obbligo vaccinale) e, elevandole a verità assolute, indiscutibili, calate dall’alto, opera cercando di mettere in ridicolo, di emarginare culturalmente, di condannare, di soffocare, di reprimere, di stroncare ogni altra teoria che le metta seriamente in discussione: esattamente come il Tribunale della Santa Inquisizione represse Galileo Galilei quando si azzardò a mettere in gioco la teoria geocentrica di Tolomeo che il cristianesimo aveva accettato perché compatibile con le Sacre Scritture. Più il Potere della Scienza sarà forte e riconosciuto da tutti, più esso diventerà intollerante, arrogante, dispotico come quello che fu della Chiesa Cattolica.
Possiamo verificarlo già guardando alla sua storia. Con riferimento alla Teoria batterica, ad esempio, nonostante le spiegazioni accademiche che fin dall’Ottocento furono opposte alla sua affermazione, ed anzi proprio perché le contestazioni a questa teoria erano supportate da profonde conoscenze mediche e della fisiologia umana, il cartello dell’Industria medica mondiale cercò di fatto di epurare culturalmente il movimento dell’Igienismo Naturale; il quale, dal canto suo, era reo di un intollerabile delitto di lesa maestà: lungi dall’essere colluso con l’industria del farmaco, esso, anche attraverso le sue teorie anti-pasteuriane, responsabilizzava le persone spingendole all’autogestione della propria salute, invece di renderle timorose di batteri e virus, e dunque dipendenti dai rimedi farmacologici che si diceva li debellassero.
E tanto fu duro e tirannico il tentativo di cancellare dalla Storia ogni critica alla Teoria batterica, quanto potenti e forti erano le dimostrazioni anti-pasteuriane che si facevano beffe della Teoria batterica stessa.
Max Joseph von Pettenkofer (1818 – 1901), ad esempio, fisiologo e professore di chimica clinica all’Università di Monaco, membro dal 1873 della commissione per gli studi sul colera e presidente dell’Accademia bavarese delle scienze (è sua l’ideazione di una reazione chimica per ricercare sali biliari nelle urine: reazione di Pettenkofer), era solito fare dimostrazioni anti-pasteuriane molto eloquenti ai suoi studenti universitari: riempiva un normalissimo bicchiere d’acqua, vi diluiva dentro un concentrato di batteri del colera e poi trangugiava il tutto davanti a loro, senza mai prendere la malattia. Dimostrava così, direttamente su se stesso, la totale fallacia delle tesi di Pasteur e Koch e dei loro interessati seguaci; i quali, all’epoca, erano ancora definiti, sarcasticamente, “contagionisti”.
In un dettagliatissimo articolo dal titolo Max Von Pettenkofer e la teoria dei germi, curato dal giornalista Gianluca Freda, è riportato un curioso aneddoto del Professore. «Nel 1892, il celebre medico e chimico bavarese Max von Pettenkofer chiese a Robert Koch, che nove anni prima aveva  isolato il bacillo del colera, di inviargli un campione delle sue colture vibrionali. Koch glielo inviò. Qualche giorno dopo, Pettenkofer lo ringraziò con una lettera, nella quale scriveva: “Il Dottor Pettenkofer offre al Dottor Professor Koch i propri rallegramenti e lo ringrazia per la fiala contenente i cosiddetti vibrioni del colera, che egli è stato così gentile da inviargli. Il Dottor Pettenkofer ne ha bevuto l’intero contenuto ed è lieto di informare il Dottor Professor Koch che egli permane nella consueta ottima salute”Pettenkofer […] aveva in effetti trangugiato non un qualsiasi prodotto potenzialmente infetto, ma un’intera coltura di bacilli del colerasenza riportare conseguenze. Non riuscendo a spiegare il fenomeno in modo convincente, i “contagionisti” dell’epoca sostennero che i bacilli del colera erano stati probabilmente neutralizzati dalla forte acidità di stomaco di Pettenkofer; il quale all’epoca aveva 74 anni ed effettivamente entrava in preda a forti disturbi dispeptici ogni volta che sentiva parlare delle teorie, che reputava campate in aria, dei suoi avversari accademici. A parte questo, godeva di ottima salute. E […] era ancora in discreta forma quando, nove anni più tardi,  [davanti all’inarrestabile avanzata del Cartello] si suicidò con una revolverata alla tempia»[1]. Resta il fatto, storico, che l’esimio professor Koch, il quale nel 1883 aveva enunciato i suoi famosi 4 postulati (ossia i quattro criteri generali destinati a stabilire la relazione di causa-effetto che lega un microrganismo a una malattia), davanti all’esplicita sconfessione del terzo postulato (“ogni volta che una coltura pura del microrganismo viene inoculata in un ospite, si riproduce la malattia”), si guardò bene dal mettere in discussione le sue teorie, ben sapendo che se così avesse fatto avrebbe compromesso tutto il credito scientifico che si era faticosamente conquistato. Lungi persino dall’essere mosso da curiosità scientifica rispetto a quanto gli aveva dimostrato il professor Pettenkofer, Koch non fece assolutamente nulla per fermare l’avanzata della Teoria batterica, che invece prese il volo (e cioè il potere) e che ancora oggi governa la Medicina e gli interessi del Potere Sanitario Mondiale.
Ma Pettenkofer non fu il solo a prendersi gioco della Teoria batterica. Come ha ricordato anche Valdo Vaccaro, tra i tanti esperimenti anti-pasteuriani effettuati, sono rimasti noti pure quelli del dottor Thomas Powell. Quest’ultimo, ha scritto appunto Vaccaro, «negli anni ’30 [del Novecento], aveva ridicolizzato l’intero mondo della Medicina. Aveva lanciato la sfida di produrre nel suo corpo anche una sola malattia, inoculando in lui sotto controllo di una giuria, i germi del colera, della peste bubbonica, e microbi di ogni genere […]. Si fece spargere questi microbi in tutti gli alimenti che mangiava. Si spennellò varie volte la gola con i germi della difterite. Ma tutti gli sforzi per ammalarsi non approdarono a nulla»[2].
Anche il dottor John B. Fraser di Toronto verificò sul campo l’inconsistenza scientifica della Teoria batterica: egli, ha ricordato ancora Vaccaro, «descrisse sulla rivista americana Physical Culture (maggio 1919) i suoi 150 esperimenti realizzati dal 1914 al 1918 per determinare se i microbi causano davvero la malattia, o se invece sia la malattia generata da altre cause a produrre i microbi in eccesso. Cominciò nel 1914 a dissetare gruppi di volontari con dell’acqua contenente 50 mila microbi di difterite. Si attese qualche giorno, e nessuno si ammalò. Passò allora a un secondo esperimento, con del latte contenente 150 mila microbi di difterite. Nessun sintomo. Nel terzo esperimento, si spennellarono le tonsille, il palato, le narici ed il sotto-lingua. Nemmeno farlo apposta, nessun caso di malattia. Si pensò che la difterite fosse poco adatta. […] Si intraprese [allora] un’altra serie di prove con i più pericolosi microbi della meningite. Si invasero ancora le mucose nasali, le pareti delle narici, le tonsille, il sotto-lingua e la parte posteriore della gola, spennellando milioni di microbi. Non apparve alcun segno di malattia. Altro tentativo venne fatto con la tubercolosi, attendendo lunghi mesi, ma anche lì andò a buca. Si utilizzarono pure combinazioni diversificate di microbi (tifo con polmonite, meningite con tifo, polmonite con difterite). Niente ancora»[3].
La Teoria batterica, contestata e contrastata con dimostrazioni sul campo, resta una credenza assurda (per quanto diffusa): un pregiudizio, una superstizione ottocentesca. Essa infatti è palesemente figlia dei tempi in cui è stata concepita, ossia frutto di una visione militarista, coloniale, antropocentrica e positivista della vita, perfettamente sintonizzata con quello che io chiamo il “pregiudizio hobbesiano”, e cioè con l’idea che la vita stessa sia una guerra continua di tutti contro tutti finalizzata alla sottomissione e alla morte, e che solo un intervento della Cultura (dello Stato con le sue Leggi, della Scienza con le sue esplorazioni, della Tecnica coi suoi ritrovati, della Medicina con le sue terapie, della Religione coi suoi miracoli, eccetera) possa sistemare le imperfezioni della Natura. La Natura forse non sarà perfetta, ma lo è sicuramente ancor meno la Cultura, se non altro perché la Cultura è sempre opinabile. E il delirio di onnipotenza che muove la Cultura (in generale) e l’ideologia della Scienza (in particolare), e cioè l’idea megalomane che la Scienza sappia fare meglio della Natura, ci dice a sufficienza quanto arrogante, prepotente, supponente possa essere la dittatura della Scienza (Scientocrazia).
Le malattie, tanto più quelle infettive, non si prendono perché qualcuno ce le attacca, ma nascono dentro di noi: dal nostro malsano stile di vita e alimentare, oltre che dall’inquinamento di aria, acqua e Terra che assumiamo con la respirazione e il nutrimento. Siamo noi i principali responsabili delle malattie che abbiamo; noi e lo stile di vita innaturale che conduciamo da animali domestici all’ingrasso, intossicati e inquinati. I CONTAGI NON C’ENTRANO NULLA!!!
E la cosa più curiosa è che oggi sono proprio le condizioni d’intollerabile restrizione sanitaria in cui siamo tutti detenuti a dimostrare, una volta di più, L’INESISTENZA DI ALCUN CONTAGIO IN ATTO.
Si dice che il coronavirus si moltiplicherebbe grazie al contatto tra le persone. Ebbene, nonostante il fatto che da ben 17 giorni sia stata disposta e attuata la sospensione quasi totale di ogni contatto umano tra le persone, non solo non è calato il numero dei positivi al tampone COVID-19, ma c’è un picco in crescita di essi che la stessa Protezione Civile ha definito “inaspettato”. Perché? Perché le malattie non si trasmettono con il contatto umano, e l’ideologia del contagio serve solo a renderci tutti terrorizzati. Naturalmente, un individuo terrorizzato è molto meglio governabile.
Guardando i dati forniti giorno dopo giorno dall’ISITITUO SUPERIORE DI SANITÀ, la cosa è evidentissima. Il grafico qui sotto riportato, che riproduce la curva d’incidenza del COVID-19 in Italia nei giorni che vanno dal 30 gennaio 2020  (data in cui l’OMS ha dichiarato lo stato di epidemia globale) fino ad oggi (26 marzo 2020), dimostra che, alla data del 9 marzo, e cioè quella d’entrata in vigore dei provvedimenti di divieto di circolazione e contatto umano in Italia (data evidenziata nel grafico dalla linea verticale rossa), non solo il numero dei positivi al COVID-19 non è diminuito né è rimasto stabile, ma è cresciuto con un picco del 300% e poi del 500% e poi del 700% e poi del 1.100% che ridicolizza ogni Teoria batterica e ogni ideologia del contagio. L’esame del grafico stesso ci dice chiaramente che le misure restrittive di contenimento attuate dal governo italiano non hanno inciso minimamente sull’andamento della malattia.
Di fronte a questi dati incontrovertibili, il governo si affanna nella sua propaganda contagionista, sostenendo che si tratterebbe di trasmissioni precedenti il 9 marzo e manifestatesi solo adesso; ma a parte il fatto che l’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ ha sempre ufficialmente dichiarato che “il periodo d’incubazione [del nuovo coronavirus] vari in media tra 2 e 14 giorni”[4] (e oggi siamo al 17° giorno successivo al 9 marzo), la logica resta logica: se ci trovassimo di fronte a una perdita d’acqua dovuta a un rubinetto aperto e, dopo averlo chiuso quasi del tutto, l’acqua non solo non calasse (o non rimanesse costante per un po’ a svuotamento del tubo, per poi calare), ma cominciasse a uscire a fiotti ancor più intensi e veementi, in quantità tripla, e poi quintupla, e poi settupla eccetera di quella originaria, ognuno di noi sarebbe perfettamente in grado di comprendere che, evidentemente, NON È STATO CHIUSO IL RUBINETTO GIUSTO.
Il rubinetto del contagio non è il rubinetto giusto, e la causa della diffusione del coronavirus non è nel contatto tra le persone!
Ma c’è anche un’altra riflessione che conferma quanto sopra: la si trae, una volta ancora, dall’esame dei dati forniti dall’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ sui positivi al COVID-19 e sui relativi deceduti. Come mai il maggior numero di positivi (circa 60.000 su 80.000) si registra nelle terre della Pianura Padana? È forse che il coronavirus ha elaborato una particolare antipatia per gli abitanti di quelle zone? Oppure quelle sono le zone a più alta industrializzazione e coi massimi livelli di inquinamento ambientale registrati ogni anno?
La Pianura Padana per morfologia e per accanimento industriale è la zona dall’aria più inquinata d’Italia e, secondo le immagini elaborate dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), anche quella dall’aria più inquinata d’Europa[5]. È forse strano che in questo luogo, devastato da un punto di vista ambientale, disboscato completamente, cementificato e lastricato dappertutto, percorso da fiumi trasformati negli anni in discariche di fabbriche e rifiuti urbani (tanto che da tempo non sono più balneabili), e ammorbato completamente da ciminiere, inceneritori, nano-polveri, tubi di scarico, centrali elettriche e scie chimiche, si registrino complicanze alle vie respiratorie dei relativi abitanti? È strano che le provincie col più alto numero di positivi (Bergamo e Brescia) si trovino attorno all’inceneritore di Brescia, che è uno degli inceneritori più grandi e inquinanti d’Europa (circa 750.000 tonnellate di rifiuti l’anno: il triplo di quello di Vienna)[6]? C’è forse bisogno di ricordare quali siano gli effetti delle nano-polveri che entrano nel nostro organismo dalle vie respiratorie superando ogni barriera naturale di protezione? E c’è anche bisogno di ricordare che la maggior parte degli inceneritori d’Italia si trova al Nord (quasi il 70%)[7], e segnatamente nella Pianura Padana?
Se si osservano i dati dei positivi al COVID-19 delle regioni esterne alla Pianura Padana, i 59.174 casi registrati in quelle terre diventano i 3.226 della Toscana, i 2.567 della Liguria o i 494 della Sardegna. Allo stesso modo, le persone risultate positive al COVID-19 in tutto lo Stato della Slovenia (a est del Friuli Venezia Giulia) sono 141, e non si registra alcun decesso (dati al 15 marzo scorso). Forse il coronavirus ce l’ha con gli italiani del nord e, una volta raggiunto il confine con gli stati balcanici, si rifiuta di oltrepassare il valico?
E come mai i dati sull’età media delle persone decedute col coronavirus ci dicono che si tratta per la maggior parte di ottantenni e che persino la media dei positivi è di 63 anni[8]? Forse il coronavirus si ferma anche davanti alla carta d’identità delle persone, e se la prende con i pensionati?
Altro quesito: come mai vengono conteggiati tra i deceduti risultati positivi al COVID-19 anche coloro che sono affetti da gravissime e croniche patologie pregresse e da condizioni di salute disperate? Tutti sappiamo che c’è una bella differenza tra il morire di coronavirus (e cioè senza co-morbilità alcuna) e il morire con il coronavirus (ossia con la compresenza di gravi e pregresse malattie). Il dott. Stefano Montanari, nanopatologo, intervistato il 19 marzo scorso dal canale video-blog Byoblu, con la sua proverbiale ironia, ha spiegato la differenza rivolgendo una battuta alla giornalista che lo stava intervistando: “Se lei va sotto il treno, quel trauma è causa di morte. Se lei va sotto al treno e aveva il raffreddore, il raffreddore non è causa di morte”[9].
Ebbene, secondo l’ultimo report dell’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ aggiornato al 20 marzo 2020, “l’età media dei pazienti deceduti e positivi al COVID-19 è 78,5 anni”[10], quasi tutti con gravi e pre-esistenti affezioni croniche (Cardiopatia ischemica, Fibrillazione atriale, Ictus, Ipertensione arteriosa, Diabete mellito, Demenza, Broncopneumopatia cronica ostruttiva, Cancro attivo negli ultimi 5 anni, Epatopatia cronica, Insufficienza renale cronica)[11]. Di tutte le persone dichiarate morte per coronavirus (3200 refertate su 8.165), quelle ad oggi ufficialmente accertate senza co-morbilità sono SOLAMENTE 6[12]! Dov’è questo contagio globale inarrestabile?
Il Professor Roberto Bernabei, Ordinario di Geriatria presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, invitato dal Capo Dipartimento della Protezione Civile dott. Angelo Borrelli alla conferenza stampa di aggiornamento sulla situazione sanitaria in Italia dello scorso 20 marzo, ha dichiarato: “Il fattore di rischio vero è quello di averci non solo un’età geriatrica, ma anche averci delle patologie concomitanti. […] E, in particolare, patologie come l’ipertensione, la cardiopatia ischemica, la fibrillazione atriale, il diabete. […] Il dato generale è che abbiamo meno del 10 % di mortalità sotto i 60 [anni]. Tutto il resto è dai 60 in su[13].
Se fosse vera l’ipotesi di un contagio virale della popolazione mondiale, la stessa popolazione sarebbe decimata ovunque, in qualsiasi età e in maniera indiscriminata, non con attenzioni tutte particolari al numero degli anni, al luogo di residenza e alla presenza di patologie croniche pregresse. In Cina, dove si dice che questo Micro Mostro sia nato, il cielo è talmente inquinato che risulta coperto tutti i giorni da una fittissima coltre grigia che non lascia passare un solo raggio di sole. Un mio personale conoscente, che ebbe modo di recarsi a Shangai qualche anno fa per motivi di lavoro, mi raccontò di come, una mattina di sole, uscendo dall’albergo, si accorse che quasi tutti gli abitanti della città si fermavano a fotografare il cielo. Chiedendo lumi al suo interprete del luogo, ne ottenne questo chiarimento: “Stanno tutti fotografando il cielo perché oggi è azzurro, e qui da noi questo è un evento così raro che in tanti lo stanno immortalando con il cellulare”.
Non è il coronavirus che ci sta decimano, ma la civiltà: coi suoi ritmi intollerabili, i suoi ordini da rispettare, le sue incombenze stressanti da evadere, le sue preoccupazioni costanti, le sue contaminazioni ambientali accettate da tutti e date per assodate (in nome del Progresso, dello Sviluppo, dell’Innovazione tecnologica); coi suoi traffici intollerabili (dai rifiuti urbani alle scorie radioattive, dalle sostanze stupefacenti alle armi, dalle donne-schiave da destinare alla prostituzione agli organi umani), i suoi fiumi morti, i suoi mari sempre più acidificati, le sue foreste abbattute, le sue montagne traforate e spelacchiate, la sua aria irrespirabile, la sua cultura alimentare malsana e ulteriormente aggravata dalla produzione di cibi carichi di glutine, cotti e stracotti, conservati, denaturati, pastorizzati, riempiti di additivi chimici e altri veleni.
Non c’è alcun contagio in atto da coronavirus! Non è il contatto tra le persone che provoca l’influenza in corso. Le misure adottate di contenimento (e che non contengono nulla) sono il rubinetto sbagliato che non incide in alcun modo sulla perdita d’acqua in corso.
Assistere allora al protrarsi di queste misure liberticide e all’insistito inasprirsi delle stesse (in Emilia-Romagna un’ordinanza del 18 marzo 2020 ha vietato anche le passeggiate a piedi e le uscite in bicicletta), vuol dire assistere all’accanirsi nello stringere con le pinze il rubinetto sbagliato, e questo dimostra solo due cose:
1) lo stato di evidente confusione in cui versa la scienza medica che, di fronte alla palese inutilità profilattica delle misure restrittive adottate, non sa più che pesci pigliare, e allora s’incaponisce sulle misure stesse credendo di poter rimediare alla loro totale inefficacia con l’autorità e la loro progressiva esacerbazione (come ha ammesso il 22 marzo scorso il dottor Antonio Santo, oncologo dell’Azienda Ospedaliera di Verona, invocando mascherine per tutti: “Finora le misure messe in atto dal Governo centrale-regionale non hanno dato i risultati sperati”[14]);
2) che le intenzioni di chi ha promosso e adottato le misure da “stato d’assedio” in atto, e che non molla nemmeno di fronte alla loro dimostrata incapacità di incidere anche solo minimamente sulla situazione sanitaria in essere, non erano rivolte a finalità di salute pubblica, ma ad altri scopi: e, in particolare, a scopi politici, ovverosia – lo ripeto ancora una volta – scopi di adattamento delle masse di tutto il globo al-l’accettazione della sospensione delle loro libertà (obiettivo, quest’ultimo, perfettamente conseguito).
Non è certo un caso, infatti, che tanti governi siano stati ben lieti di salite sul carro delle restrizioni sanitarie già applicate in Italia, anche di fronte a situazioni ben meno rilevanti di quella italiana (che pure non è affatto rilevante, se solo si considera che nel 2017 morirono 13.400 persone di polmonite, mentre ad oggi, sono circa 8.000 le persone positive considerate morte con il coronavirus).
In Spagna, misure analoghe a quelle assunte dal governo italiano sono state imposte a partire dal 14 marzo 2020 pur registrando soltanto 1.328 persone genericamente decedute con il coronavirus (dati al 21 marzo): stato di emergenza proclamato dal governo spagnolo ed esercito nelle strade.
In Francia, identiche misure emergenziali sono entrate in vigore dal 17 marzo pur registrando soltanto 148 persone genericamente decedute con il coronavirus.
In Austria vige la sospensione della democrazia dal 16 marzo, e i decessi con il coronavirus erano addirittura 3.
In Albania, le limitazioni democratiche decretate sono ancora più pesanti di quelle italiane, posto che là è anche in vigore il divieto di utilizzo di auto sia pubbliche che private (per ora limitato alle città di Tirana e Durazzo); eppure, la situazione sanitaria al 15 marzo scorso (data dei provvedimenti) era la seguente: 33 persone risultate positive al tampone COVID-19 e 1 sola deceduta con il coronavirus (che peraltro era l’unico decesso registrato in tutta la zona dei Balcani Occidentali)![15]
Anche in Israele, condizioni da “stato d’assedio” ancora più restrittive di quelle italiane sono state adottate dal governo, con voli sospesi in tutto lo Stato, tampone per chi guida, segregazione domiciliare per tutti e, dal 17 marzo scorso, nuove misure d’emergenza per consentire alla polizia, senza la necessità di un ordine di un tribunale, di tracciare i cellulari delle persone e verificarne gli eventuali spostamenti. Nelle parole del giornalista Gabriele Carrer, il governo israeliano ha addirittura schierato in prima linea «anche lo Shin Bet, i servizi segreti interni, autorizzato a rintracciare tutti coloro che sono entrati in contatto con persone sospettate di essere state infettate prima che il virus venisse diagnosticato. Lo Shin Bet può utilizzare a questo scopo gli strumenti solitamente impiegati per contrastare il terrorismo […]. Intervistato da Agenzia NovaJacob Perry, direttore dello Shin Bet dal 1988 al 1994, poi ministro e deputato, aveva spiegato, prima del via libera dell’esecutivo alle nuove misure, che “il governo utilizza ogni mezzo di ispezione digitale per controllare, attraverso telefoni cellulari e computer, se le persone rispettano le misure di sicurezza e limitano i loro movimenti. È una penetrazione della privacy – ha ammesso Perry – e c’è anche chi definisce antidemocratico questo sistema, ma penso che, in questo momento, la cosa più importante sia fermare la diffusione del virus”»[16]. La diffusione del virus in Israele, al 17 marzo scorso, era la seguente: 300 sole persone positive al tampone COVID-19 e nessun decesso!
In Libano, il 21 marzo 2020 è stato dichiarato «il coprifuoco su scala nazionale nell’ambito dell’inasprimento delle misure precauzionali per tentare di contenere la diffusione del coronavirus. Il premier libanese Hassan Diab, che ha parlato in diretta tv in un discorso alla nazione […], ha precisato che l’esercito sarà dispiegato in tutte le città, pattuglierà le strade e erigerà posti di blocco. Sono [solamente] 206 i casi di Covid-19»[17] e nessun morto accertato.
Coprifuoco anche in Macedonia del Nord (dalle 21:00 alle 6:00): 85 persone positive e nessun decesso[18].
Coprifuoco pure in Bolivia (dalle 17:00 alle 5:00)[19]: 3 sole persone positive al coronavirus e nessun decesso[20].
Coprifuoco imposto persino dal governo di accordo nazionale di Tripoli (Gna), dalle 18:00 alle 6:00: nemmeno un caso di persona positiva al COVID-19[21]!!!
NON È IL DEMONIO CORONAVIRUS CHE I GOVERNI DI TUTTO IL MONDO STANNO DEBELLANDO IN QUESTI GIORNI, MA LA NOSTRA LIBERTÀ!!!
Il complesso degli scarti metabolici fatti passare sotto la dicitura “coronavirus” faranno semplicemente il loro corso, incuranti delle ignoranti e disumane misure anti-Natura adottate dal Potere Sanitario Mondiale mediante i suoi portaborse seduti negli scranni dei governi e dei parlamenti del mondo. Come ogni altra influenza stagionale, anche quella determinata dall’occlusione metabolica in corso continuerà la sua parabola di crescita del numero di positivi e di morti, fino a che non si stabilizzerà DA SOLA per poi regredire DA SOLA come ogni anno. E il fatto che essa prima o poi regredirà, e che il governo attribuirà sicuramente alle misure restrittive adottate quella regressione, nell’applauso generale di giornali, reporter, radio locali e pubblica opinione (compresi i tanti alternativi anti-sistema che hanno fede nelle Istituzioni del Sistema), non cambierà le carte in tavola.
L’influenza stagionale in atto regredirà da sola. Quel che invece non regredirà più, sarà la nostra disponibilità ad accettare la sospensione della libertà ogni qualvolta verranno suonate le campane dell’ideologia del contagio; e magari anche senza più bisogno di campane ad hoc o di provvedimenti draconiani come quelli attualmente in essere, che mostrano in maniera fin troppo pacchiana quanto totalitaria sia la Dittatura della Scienza. Dagli stati di emergenza non si torna più indietro!!!
Non c’è alcun contagio in atto da coronavirus, e di questo la popolazione mondiale può stare tranquilla. C’è invece un’aggressione senza precedenti alla libertà di tutti, e di questo occorre al contrario preoccuparsi enormemente e attivarsi per resistere!
La terribile svolta totalitaria in atto non ha riscontri nella storia politica del Pianeta: di questa svolta dobbiamo prendere coscienza e davanti ad essa non possiamo stare zitti. Ogni silenzio che aggiungeremo all’arbitrio che stiamo subendo in questi giorni, sarà pagato da noi stessi a caro prezzo in futuro, con sempre più restrizioni arbitrarie e chissà, trattamenti sanitari obbligatori per tutti, tanto più per chi deciderà di ribellarsi!
Non è una questione puramente intellettualistica quella che ci sta coinvolgendo in questi giorni, né tanto meno una questione di carattere sanitario: qui è in gioco la nostra libertà. O sapremo reagire a questa svolta totalitaria che ci reclude silenziosamente in casa, che ci fa andare in giro bardati stupidamente con inutili mascherine alla bocca e guanti in lattice, che ci vieta ogni naturale contatto umano e che c’insegna a vedere nel prossimo un potenziale appestato dal quale stare a rigorosa distanza di sicurezza, o la detenzione domiciliare che in questi giorni applaudiamo persino con ignobili flash-mob da clima d’azienda fantozziana, diventerà uno strumento sempre più comune di restrizione politica e poliziesca.
Spetta a noi decidere: la libertà, forse come mai prima d’ora nella storia successiva alla tragedia mondiale dei totalitarismi europei del Novecento, è oggi nelle nostre mani.
Enrico Manicardi

________________
[1] Cfr. G. FREDA, Max Von Pettenkofer e la teoria dei germi, in: http://www.medicinapiccoledosi.it/medicina-convenzionale/max-von-pettenkofer-la-teoria-dei-germi/
[2] Cfr. V. VACCARO, Scienza e fantascienza del virus – parte 4, in: https://anima.tv/valdovaccaro/2016/159-scienza-fantascienza-del-virus-parte-4/
[3] Ibidem.
[4] ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ, Coronavirus e nuovo coronavirus SARS-CoV-2 – FAQ, in: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/faq
[5] Cfr. G. FAVOLA, I luoghi più inquinati d’Italia: 14mila morti premature ogni anno per biossido di azoto. La Pianura Padana è anche l’area più contaminata d’Europa, in: «Ambientebio.it» del 18 ottobre 2019: https://www.ambientebio.it/ambiente/luoghi-piu-inquinati-14mia-morti-premature-biossido-azoto-pianura-padana-primo-posto/
[6] Cfr. WIKIPEDIA, voce “inceneritori d’Italia”. In: https://it.wikipedia.org/wiki/Inceneritori_in_Italia
[7] Ibidem.
[8]ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ, Epidemia COVID-19: Aggiornamento nazionale 19 marzo 2020 – ore 16:00, in:
[9] Si veda: BYOBLU, del 19 marzo 2020: Così diventeremo immunodepressi per legge, intervista al dott. Stefano Montanari. In: https://www.byoblu.com/2020/03/19/immunodepressi-per-legge-stefano-montanari-byoblu24/
[10] ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ, Report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a COVID-19 in Italia. Il presente report è basato sui dati aggiornati al 20 Marzo 2020, in: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_20_marzo.pdf
[11] Ibidem.
[12] Ibidem.
[13] Si senta: RADIO RADICALE, Conferenza stampa Protezione Civile del 20 marzo 2020, ore 18:00. In: https://www.radioradicale.it/scheda/601317/emergenza-coronavirus-punto-stampa-del-capo-della-protezione-civile-angelo-borrelli
[14] Cfr. C. TAJOLI, «Mascherine a tutti: il Covid-19 si ferma così». Ecco come farle in casa, su «L’Arena» del 24 marzo 2020. In: https://www.larena.it/territori/citt%C3%A0/mascherine-a-tutti-il-covid-19-si-ferma-cos%C3%AC-ecco-come-farle-in-casa-1.8003835/amp
[15] Sull’Albania, si senta: Radio Radicale, trasmissione Passaggio a Sud Est del 15 marzo 2020, condotta da Roberto Spagnoli. In: http://www.radioradicale.it/scheda/601645/passaggio-a-sud-est-la-realta-politca-delleuropa-sud-orientale
[16] Cfr. G. CARRER, Coronavirus e intelligence, il modello Israele spiegato da Melman (Haaretz), in: https://formiche.net/2020/03/israele-melman-coronavirus-netanyahu/
[18] Ibidem.
[19] Cfr. LA GENTE D’ITALIA del 18 marzo 2020, Coronavirus, la Bolivia si blinda: coprifuoco a partire dalle 17, in: http://www.genteditalia.org/2020/03/18/coronavirus-la-bolivia-si-blinda-coprifuoco-a-partire-dalle-17/
[21] Cfr. IL FATTO QUOTIDIANO del 21 marzo 2020, cit.

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