A fronte di questo dato, che non giustifica il terrorismo mediatico cui stiamo assistendo in questi giorni, ricordiamo che la vera epidemia è quella rappresentata dal Disturbo dello Spettro Autistico:
1 bambino ogni 50 in età scolare soffre di questo disturbo e le nostre autorità sanitarie [con la complicità di “loro” blog profumatamente pagati per diffondere articoli offensivi nei confronti dei genitori, e di qualche becero giornalista che ha scoperto il profumo del “business” sulla pelle del proprio figlio] proseguono a prendere in giro famiglie e soggetti interessati da questa grave problematica sociale, indotta anche dalle vaccinazioni.
NEONATA DI 1 MESE MORTA DI PERTOSSE AL S.ORSOLA MALPIGHI DI BOLOGNA, UNA SETTIMANA DOPO IL RICOVERO. COME È POSSIBILE? I MEDICI METTONO IN CORRELAZIONE IL DECESSO CON IL CALO DELLA COPERTURA VACCINALE
Questi medici che mettono in correlazione il decesso con il calo della copertura vaccinale dovrebbero sapere che esiste una “popolazione finestra”, rappresentata dai neonati/lattanti dei primi 3 mesi, che, anche nella più attenta campagna di vaccinazione, rimane suscettibile [molto spesso a causa della scarsissima attività degli anticorpi specifici trasmessi dalla madre];
Questi medici che mettono in correlazione il decesso con il calo della copertura vaccinale dovrebbero spiegare:
perché questa neonata è stata dapprima inviata al reparto di neonatologia, dove di norma si prestano cure mediche specialistiche [per esempio a causa della nascita prematura, basso peso alla nascita, crescita intrauterina ritardata, malformazione congenita o asfissia neonatale], che avrebbero comunque sconsigliato la prima vaccinazione in calendario a 3 mesi, e solo successivamente è stata ricoverata in un reparto di malattie infettive?
Questi medici che mettono in correlazione il decesso con il calo della copertura vaccinale dovrebbero spiegare:
Quale approccio diagnostico è stato assicurato alla neonata?
Il periodo di incubazione è di circa 7-14 giorni [massimo 3 settimane]. Come è possibile che in tutto questo tempo nessuno si sia posto delle domande? Infondo la malattia si compone di stadi ben delineati. Lo stato catarrale e lo stato parossistico sono ben riconoscibili ad occhi esperti: dov’era il Pediatra di base? Per caso è uno di quelli che solitamente rilascia diagnosi telefoniche senza accertarsi personalmente dello stato di malattia del neonato?
Quali esami sono stati condotti per accertare che si trattasse veramente di pertosse?
Lo stato catarrale è spesso difficilmente distinguibile dalla bronchite o dall’influenza. Vanno tra l’altro prese in considerazione anche le infezioni da adenovirus e la TBC. Non sempre le colture dei tamponi nasofaringei sono positive per Bordetella pertussis nei casi di fase catarrale e la percentuale di positività aumenta nei casi di fase parossistica.
Quale è stato l’esito delle colture di campioni diagnostici?
I test con Anticorpi fluorescenti specifici sulle secrezioni nasofaringee permettono una diagnosi accurata ma non sono così sensibili come i tamponi colturali.
Di solito, esami di questo genere richiedo almeno 2 o 3 gironi giorni prima di avere a disposizione risultati comprendenti, tra l’altro, la terapia antibiotica più appropriata. Pertanto non è da escludere una perdita di tempo prezioso per attuare scelte di cura appropriate, dove possono essere stati messi in atto comportamenti inappropriati in ambito ospedaliero.
Quale trattamento antibiotico è stato prescritto?
E’ noto che per i neonati gravemente affetti è raccomandato il ricovero in isolamento respiratorio in un reparto di malattie infettive. Questo comportamento è stato messo in pratica in un secondo momento [trasferimento dal reparto di neonatologia], e pertanto avvalora la tesi che l’aggravamento della situazione è avvenuto in ambito nosocomiale, dove, di norma, l’isolamento viene proseguito fino a quando gli antibiotici non siano stati somministrati per 5 giorni.
Siamo proprio certi che, dopo una settimana di ricovero, la causa
del decesso sia attribuibile veramente alla pertosse?
agenti patogeni differenti dalla Bordetella pertussis sono responsabili di sindromi pertussoidi che, ovviamente, non risentono dell’azione della vaccinazione [perché non esiste un’immunità crociata fra le diverse Bordetelle];
In ultimo, perché non sono state messe in atto tutte le manovre salvavita?
Ovvero, perché non è stato garantito il ricovero in Terapia Intensiva Neonatale? In considerazione della gravità crescente del caso, il ricovero in Terapia Intensiva Neonatale avrebbe garantito il supporto di tutte le funzioni vitali, anche in presenza di qualsiasi complicanza.
Alla luce di tutto ciò, e di tutta una serie di fatti che riguardano sempre lo stesso ospedale dove, un giorno si muore di pertosse, un altro compare il primo ceppo influenzale, e un altro ancora si organizza la campagna pubblicitaria “Io vaccino, no alla disinformazione“, lascia quantomeno perplessi sulle modalità di questo decesso.
Infondo, noi, se raccontassimo tutto ciò che accade nei vari ospedali dove lavoriamo, potremmo aprire un libro di castronerie da farvi accapponare la pelle [soprattutto in merito a certe “nuove leve” indottrinate, che hanno studiato medicina con le raccolte punti].
Infine, a completamento di questo quadro, è bene che il cittadino sia consapevole del fatto che il nostro Sistema Sanitario considera i reparti di Terapia Intensiva Neonatale come un “costo” che incide pesantemente sul bilancio dell’Azienda Ospedaliera; e non ci stupirebbe affatto che questo triste caso – cui va tutto il nostro profondo rispetto – sia stato gestito male e appositamente strumentalizzato per promuovere il terrorismo mediatico di questi giorni a favore di isteriche campagne vaccinali.
IL BAMBINO NON VACCINATO METTE A RISCHIO LA VITA DEI VACCINATI
Questa è una delle affermazioni più assurde. E un ministro della Repubblica che recita un simile “slogan” è bene che cambi lavoro.
Anche in questo caso, basandoci sull’esame razionale dei fatti e non sulle opinioni, è possibile affermare con certezza che i bambini super-vaccinati si ammalano maggiormente rispetto ai bambini non vaccinati, spesso contribuiscono a diffondere la malattia per cui vengono vaccinati, e contribuiscono a ingrassare le tasche dei mercanti di medicine: ovvero, sono clienti a vita.
EPIDEMIE DI PERTOSSE IN REPARTI OSPEDALIERI PORTATE DA ADULTI
Questa frase è la tipica frase buona per tutte le stagioni. Premesso che non ci sono epidemie di pertosse in alcun ospedale, le cosiddette “infezioni nosocomiali“, cui fa riferimento l’incompetente Ministra, rappresentano un pessimo malcostume e riguardano una innumerevole serie di comportamenti scorretti attuati negli ospedali, molto spesso per mancanza di rispetto delle più banali norme di igiene, e per le quali non serve alcuna vaccinazione ma molto buon senso. Per esempio:
non recarsi in mensa aziendale con la divisa della sala operatoria;
non recarsi al bar esterno all’ospedale con il camice con cui si visitano i malati;
non recarsi a fumare con indosso la divisa ospedaliera;
non utilizzare il vestiario d’uso comune per accedere ai reparti ospedalieri ove vi sono criticità;
diminuire il sovraffollamento;etc etc etc
perché qui potremmo continuare con tanti altri esempi da farvi accapponare la pelle, ma ve li risparmiamo soprattutto per gentilezza nei confronti di una Ministra che sembra “Alice nel Paese delle Meraviglie” e crede che basti il “farmaco magico” per risolvere qualunque problema dell’umanità.
COLLABORAZIONE CON LA GLOBAL AGENDA PROMOSSA DALLA GAVI
Questo è un altro motivo per cui è in atto il terrorismo mediatico di questi giorni, e rappresenta il fulcro del lavoro cui ricorre l’industria del farmaco per incrementare le vendite e ottenere che il governo renda l’assunzione dei farmaci-vaccini obbligatoria per legge. Si utilizzano i soliti tre metodi:
far sì che il governo decida l’obbligatorietà di certi medicinali per i bambini, in primis vaccini;
ottenere che il governo vincoli i propri dipendenti e soprattutto il personale militare all’assunzione di certi farmaci;
fare in modo che il governo si accolli il costo dei trattamenti farmacologici.
Da questa posizione di potere l’industria del farmaco “acquista” anche alcune associazioni per mantenere il controllo del proprio mercato, e organizza convegni sul territorio italiano per “indottrinare e rendere complici” potenziali pericoli alla propria posizione di dominanza. Tutto ciò con la complicità di baroni Universitari compiacenti, Pediatri collusi e politici completamente ignoranti in materia sanitaria.
NEL TERZO MONDO CI PREGANO DI ANDARE A VACCINARE
A noi risulta che nel terzo mondo ci pregano per avere tutto ciò che gli manca: cibo, acqua potabile, cure mediche [non espressamente vaccini], istruzione e lavoro. Questi Paesi sono molto diversi tra loro per cultura, storia, tradizioni, collocazione geografica. Sono accomunati unicamente dall’estrema povertà in cui vive la popolazione e sarebbe ora di smetterla di strumentalizzarli per vendere e/o preparare pozioni: caso Ebola docet!
GLI EFFETTI COLLATERALI SONO EFFETTI MARGINALI
Lo slogan spesso ripetuto per promuovere sempre più vaccini è quello di definire “sicuri ed efficaci” tutti i vaccini entrati in commercio nei Paesi occidentali, ma nessun vaccino è completamente sicuro ed efficace in tutte le persone e la storia dei vaccini è ricca di fallanze.
Mentre per un farmaco “salvavita” eventuali effetti collaterali gravi sono sopportabili, essi non possono e non devono essere tollerati in seguito all’uso di un vaccino, le cui finalità sono da sempre di tipo esclusivamente “preventivo”.
Questo slogan racchiude il problema principale per gli industriali del farmaco, ovvero come costringere i media a riportare sempre meno i casi di eventi avversi in modo da alterare la percezione del rischio reale dovuta alla somministrazione del “farmaco vaccino”.
In ogni parte del mondo sono sorti dei sistemi [per esempio OMS, Vaers USA, Banca dati Europa, DAEN Australia, CAEFISS Canada, Paul Ehrlic Institut Germania, e così via] di sorveglianza attiva, che, pur molto diversi tra loro, prevedono tutti le revisioni sistematiche. Italia, non pervenuta! … anzi, si fa di tutto per omettere informazioni vitali, nascondere la verità e commissionare articoli beceri a mercenari della disinformazione: considerato che l’Italia è sempre prima in tutto ciò che promuove la Ministra, Ella saprà spiegarci perché in questo campo siamo al Medioevo?
OGGI SI MUORE DI MORBILLO
La letteratura scientifica più aggiornata rivela che, oggi, si rischia molto spesso di rimanere “disabili a vita”, a causa della vaccinazione contro il Morbillo, somministrata in concomitanza alla vaccinazione contro la Parotite e la Rosolia [nella tristemente conosciuta formulazione trivalente] e con l’aggiunta della vaccinazione contro la Varicella [nella formulazione quadrivalente]
LA ROSOLIA IN GRAVIDANZA È PERICOLOSA
Attualmente i vaccini contro la rosolia sono tutti costituiti da virus vivi attenuati, non sono in commercio in formulazione monocomponente ma rientrano nel vaccino combinato trivalente in associazione al vaccino contro il Morbillo e al vaccino contro la Parotite.
Avendo a disposizione vaccini così scarsi, è sembrato opportuno non vaccinare tutta la popolazione, femmine e maschi, ma di limitare la vaccinazione al solo sesso femminile, che d’altra parte era quello più a rischio per l’infezione rubeolica in gravidanza: il sesso maschile, lasciato libero di ammalarsi di rosolia, avrebbe rappresentato il serbatoio naturale del virus, per permettere un continuo rifornimento di infezioni subcliniche nel sesso femminile, al fine di richiamare costantemente il livello anticorpale. Questa fu una decisione soprattutto europea, inglese in particolare. L’Italia abbracciò questa politica, che è stata seguita, fino oltre dieci anni fa, in tutte le regioni.
La vaccinazione contro la rosolia infatti, non essendo obbligatoria, viene regolata in Italia da leggi regionali quasi tutte uguali l’una all’altra, che prevedono tutte l’impiego del vaccino nel solo sesso femminile, indipendentemente dal fatto che il vaccinando abbia superato o meno la rosolia.
La vaccinazione contro la rosolia non deve essere eseguita in donne in stato di gravidanza. Quando venga vaccinata con MPR una donna suscettibile in età fertile, è necessario avvisarla di non rimanere in stato di gravidanza nelle 4 settimane successive alla vaccinazione; questo lasso di tempo era di 3 mesi fino a qualche tempo fa.
Visto che la vaccinazione contro la rosolia non provoca un effetto protettivo, sussiste il pericolo di contagio nei primi tre mesi della gravidanza. Le donne incinte con ciclo vaccinale completo sono sempre più frequentemente affette da embriopatie da rosolia. La maggior parte delle donne tuttavia decide per un’interruzione della gravidanza così che nella pratica esistono meno embriopatie da rosolia. Questo fattore viene interpretato erroneamente nella statistica come un successo della vaccinazione contro la rosolia.
In nazioni come la Germania, la Svizzera, gli Stati Uniti si è assistito a un incremento dell’incidenza della rosolia nonostante le vaccinazioni intensificate somministrate nella popolazione adulta. Il virus della rosolia può essere espulso da parte del vaccinato fino a 90 giorni dopo la vaccinazione, in modo tale da infettare altre persone debilitate.
I vaccini a virus vivi non devono assolutamente essere somministrati durante la gravidanza oppure durante l’allattamento. Infatti, per esempio, come riporta il foglietto illustrativo del vaccino trivalente MMR II prodotto della Merck, è stato documentato il passaggio del virus vaccinale della rosolia dalla madre al lattante.
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